martedì 3 giugno 2008

Quatro chiacchere nel bosco; petegolezzi sugli umani

La giornata assolata favoriva il mio assopire del dopo pasto, steso sulla sdraio all'ombra della Quercia, con lo sguardo ormai ombrato dal torpore, guardavo il bosco che sovrastava, il piccolo spazio naturale che mi ero preparato; Cullato dal canto di passerotti e usignoli, tortorelle e upupa, gazze è cornacchie, persino i cani stavano silenziosi, come per rispettare il mio riposo; Scemai in un languido sonno, in cui il pensiero si era fermato ad ascoltare, il canto di un fagiano innamorato, come se la natura intorno a me si fosse azzittita, mentre ero io, che più non l'ascoltavo. Cupa la voce chiedeva, quando ti decidi a far cadere il vecchio ramo? Tenua una voce rispondeva, non posso ora, ai miei piedi riposa un umano; Ma per tutte le foreste del mondo, la cupa voce ribatteva, questi umani cosi sapienti che si sono inventati anche i letti, proprio qui doveva stare per poter riposare? Se il vecchio ramo non fai cadere, al primo vento, anche tu rischi di cadere; Stormir di fronde degli alberi intorno, dal pino al faggio, dal sambuco al platano, dal noce alla quercia, dall'abete al pioppo, tutti a susurar , fate piano non lo dobbiamo svegliar, non si sa che cosa hanno, questi umani sopra il collo , quella sfera bucherellata, che li rende diversi al mondo, stanno sempre a ad aumentar, e di noi alberi, lo spazio a limitar, cosa poi respireranno, se cadiamo noi, anche loro moriranno; La cupa voce alzo il tono, io son qua da oltre 200 anni, e ne ho visti di umani cadere, cercano la morte, come fosse un piacere; quante volte, ho sentito il fuoco sfrigolare, mentre i miei simili , nella nostra voce stavano a gridare, piangendo lacrime resinose, ogni foglia, un silenzio di morte; Ora lì c'è la casa di un umano, arredata con mobili in legno, che una volta erano nostri fratelli, distanti solo un palmo di ramo, i loro letti sono la nostra morte, che riposino lì, qui nel bosco rischiar e la sorte, se le nodose braccia che abbiamo , invecchiano , si stancano, seccano, e se ne vanno, cadendo sull'imprudente umano, non e la colpa nostra, ma del folle, che dorme sotto il vecchio ramo. Come una leggera sensazione di qualcosa che si rompeva, aprii gli occhi giusto in tempo, per vedermi cadere addosso il vecchio ramo rinsecchito, che si lamentava ad ogni soffio di vento, lo schivai per puro destino, mezzo metro, e rischiavo di diventare un polpetino, è mentre lo guardavo con tremore, mi pareva di sentire una cupa voce, vai che ti è andata bene, questa volta umano, eri sotto i rami di una mia sorella, che nonostante il tutto di voi umani non capisce ancora la vostra mente pazzariella. Forse qualcosa che ho mangiato mi era dura da digerire, forse gli incubi, forse lo spavento, ma lo stormir di fronde nel vento, mi parevan delle risate in quel momento.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie

Anonimo ha detto...

La ringrazio per Blog intiresny